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Gli effetti della vitamina B1: l'esperienza personale del Prof. Costantini

costantini vitamina B1Atti del 37° Convegno Nazionale AIP – Milano, 6 giugno 2015

Il Prof. Antonio Costantini, che lavora presso il Reparto di Riabilitazione Neuromotoria di Villa Immacolata a San Martino al Cimino (Viterbo) è stato invitato a partecipare al convegno in seguito alla segnalazione da parte di molti pazienti che tratta i parkinsoniani con vitamina B1 con successo.  Il professore ha pubblicato in letteratura tre casi clinici in cui l'uso di dosi elevate della vitamina B1 ha permesso di migliorare notevolmente la funzione motoria.  La segnalazione appare di particolare interesse anche perché non ci sono interessi economici dietro questa affermazione, la vitamina B1 è disponibile da decenni a basso costo e nessuno ne detiene un brevetto.

 

Il racconto del Prof. Costantini

Le osservazioni sulla vitamina B1 risalgono al mese di giugno 2010.  Allora il Prof. Costantini si occupava della stanchezza cronica che affligge pazienti con patologie autoimmunitarie, come la retto-colite ulcerosa, la sclerosi multipla e la fibromialgia.  

Innanzitutto bisogna tenere presente che vere e proprie deficienze di vitamina B1 di origine alimentare o da problemi intestinali non esistono nel mondo occidentale.  Tutti i pazienti trattati avevano livelli normali di vitamina B1 nel sangue. 

Mentre stava trattando pazienti con sclerosi multipla, un'altra paziente ricoverata ha chiesto di ricevere la terapia.  Era affetta da una malattia neurodegenerativa, l'atassia spinocerebellare di tipo 2.  Dopo 3 mesi di terapia a base di vitamina B1 per via IM era migliorata non solo la stanchezza, ma erano migliorati anche i sintomi neurologici, soprattutto il linguaggio gravemente compromesso da disartria era diventato comprensibile.  A questo punto il Prof. Costantini ha provato a trattare altre patologie neurodegenerative, quali l'atassia di Friedreich e la malattia di Parkinson, anche perché l'atassia cerebellare di tipo 2 in alcune famiglie nel mondo, può presentarsi con sintomi parkinsoniani e non con i sintomi caratteristici dell’incoordinazione.  Ha stabilito le dosi in base alla velocità di progressione della malattia, per esempio nella atassia che è a lenta progressione basta una fiala di 100-150 mg IM alla settimana, mentre nel Friedreich e nel Parkinson usa 2 fiale da 100 mg alla settimana (lunedì e giovedì oppure martedì e venerdì).  La dose equivalente per bocca è di 4 g ogni giorno.

Il Professore ha circa 300 casi documentati da una serie di registrazioni.  Proietta il video di un paio di casi di malati di Parkinson.  Il primo era in cura presso i migliori clinici di Roma.  La vitamina B1 è stata somministrata in aggiunta alla terapia antiparkinson prescritta dai neurologi, che è rimasta invariata.  Nel video registrato dopo 15 giorni di terapia si nota che la sintomatologia è completamente regredita ed il paziente afferma di stare meglio.   Il Prof. Costantini afferma che il beneficio è stato mantenuto per 3 anni e dura tutt'ora.  Ha osservato molti casi con risultati analoghi ed è giunto alla conclusione che la terapia a base di vitamina B1 migliora la sintomatologia motoria e non motoria e rallenta la progressione della malattia.

 

Domande da parte dei medici in sala

 

Prof. Pezzoli:  il primo paziente era soggetto a fluttuazioni motorie? Inoltre, il miglioramento è stato documentato non solo clinicamente in base al punteggio della scala UPDRS, ma anche da neuroimmagini acquisite tramite DATscan?

Prof. Costantini:  il paziente non aveva fluttuazioni motorie. La documentazione DATscan non esiste per tutti i casi perché i pazienti non si sottopongono volentieri a questo esame. Per documentare un miglioramento al DATscan è necessario che il paziente ne abbia fatto uno al massimo qualche mese prima dell'inizio della terapia con vitamina B1 e un controllo successivo, che, dati i tempi di attesa si effettua dopo diversi mesi. Per questo noi abbiamo solo due casi in cui anche i dati del DAT scan sono migliorati.

 

Dr.ssa Zini:  Il secondo paziente che tremava era sempre in ON quando è stato ripreso? L'intervallo di tempo tra l'assunzione della terapia e la registrazione era sempre la stessa? Inoltre, ha provato a somministrargli la vitamina B1 da sola, senza la sua solita terapia antiparkinson?

Prof. Costantini:  Il paziente era sempre in ON e l'intervallo tra assunzione della terapia e la registrazione era la stessa. No, non ho fatto tutte quelle prove in questo paziente. Noi non abbiamo fondi per la ricerca e quindi non abbiamo i mezzi per indagare tutte queste sottigliezze. Tuttavia, posso dire che abbiamo provato a dare la vitamina B1 a pazienti appena diagnosticati senza terapia dopaminergica ed abbiamo visto miglioramenti notevoli. L'entità del miglioramento variava a seconda della durata della sintomatologia:  60-80% in pazienti con sintomi da pochi mesi, 50% in pazienti con sintomi da un paio di anni, 30% con sintomi da diversi anni.

 

Prof. Isaias:  Ho apprezzato molto la presentazione di queste osservazioni relative ad una possibile nuova strategia terapeutica per il Parkinson, che sono sicuramente meritevoli di un approfondimento e di studio in un ambito scientificamente controllato. Quale potrebbe essere il meccanismo di azione della vitamina B1 nel Parkinson?

Prof. Costantini:  Noi non conosciamo la causa della malattia di Parkinson, per cui è difficile rispondere a questa domanda. È noto che la deficienza di vitamina B1 può causare il Beri-Beri caratterizzato da sintomi prevalentemente cardiologici o neurologici (polineuropatia) e l'encefalopatia di Wernicke. La vitamina B1 è coinvolta nei processi che servono per la produzione di energia a livello dei mitocondri e numerosi ricercatori hanno scoperto che i mitocondri funzionano male nei neuroni di pazienti affetti da malattie neurodegenerative, Parkinson compreso. Noi pensiamo che ci sia un fattore che impedisce il normale funzionamento dei processi vitamina B1 dipendenti che può essere compensato da livelli elevati della vitamina.

 

Dr. Cilia: Concordo che il funzionamento dei mitocondri è deficitario nella malattia di Parkinson. Tuttavia, nei processi che lei cita sono coinvolte anche altre vitamine. Per caso ha provato a somministrarne altre per vedere se c'è una differenza?

Prof. Costantini: No, abbiamo sempre somministrato solo la vitamina B1. Io sono convinto che la terapia per la malattia di Parkinson intesa sia come terapia sintomatica che come terapia che rallenta la progressione della malattia, debba essere a base di due soli farmaci: la levodopa e la vitamina B1. Secondo me, chi investe nello sviluppo di altri farmaci antiparkinson sbaglia e finirà per sprecare i suoi soldi.

 

Dr. Goldwurm:  finchè abbiamo solo osservazioni aneddottiche come quelle che sono state presentate non si va avanti. Sono interessanti, sì, ma devono essere valutate nell'ambito di uno studio in doppio cieco in confronto ad un placebo (sostanza inerte), in cui né il medico né il paziente sa chi sta prendendo che cosa. Questo è fondamentale non solo perché la sintomatologia parkinsoniana varia notevolmente sia da un giorno all'altro che nell’arco della giornata, ma anche e soprattutto per escludere l'effetto placebo. È stato documentato che l'effetto placebo è veramente notevole nella malattia di Parkinson: non solo il paziente si sente meglio, se è convinto di avere preso una sostanza efficace, ma addirittura è stato documentato dalle neuroimmagini che temporaneamente è in grado di produrre più dopamina e quindi di avere temporaneamente una funzione motoria migliore anche ad una valutazione obiettiva come può essere l'analisi computerizzata del cammino. Il Prof. Costantini mi ha mostrato un poster del 2012 che riporta i risultati in 60 pazienti parkinsoniani, ma attualmente ha pubblicato solo i case report di 3 casi. Quando pubblicherà risultati su casistiche più ampie?

Prof Costantini:   Sono stati trattati 50 casi di Parkinson in cooperazione con il Reparto di Neurologia dell'Ospedale S Martino di Genova in aperto, senza gruppo di controllo. Il Prof. Abbruzzese di Genova ha trovato i fondi per condurre un ampio studio in doppio cieco che verrà completato nel 2016.

 

Domande dal Pubblico

 

Quanti sono i casi di Parkinson documentati? Quando parla di centinaia di casi si tratta di malati con il Parkinson oppure di malati che hanno altre malattie?

Prof. Costantini:  I casi di Parkinson sono tanti, con diagnosi confermata da centri ben noti, come il Besta. Il reparto di riabilitazione che dirigo ha 60 letti, di cui 40 sono dedicati a pazienti con frattura del femore ed invariabilmente una decina di questi ha il Parkinson.

 

Mia madre è affetta da Atrofia Multisistemica di tipo cerebellare. Attualmente viene trattata con la terapia antiparkinson classica ed è noto che questa patologia non risponde così bene a questa terapia come la malattia di Parkinson. Ha esperienza di trattamento di questa patologia con la vitamina B1?

Prof Costantini:  L'Atrofia Multisistemica (MSA) è un tipo di parkinsonismo. Io posso affermare che i parkinsonismi, come la degenerazione cortico-basale (CBD) o la Paralisi Supranucleare Progressiva (PSP), rispondono altrettanto bene quanto la malattia di Parkinson. 

 

Commento:  Io non sono malata, ma una mia parente lo è e quello che interessa a noi è il miglioramento che si ottiene, non se è un effetto placebo o dovuto ad un altro meccanismo. È il miglioramento che conta.

Prof. Pezzoli:  Ma non è una questione di dettagli semantici, l'effetto placebo dopo qualche settimana sparisce, mentre un effetto dovuto ad un meccanismo farmacologico è duraturo. Noi vogliamo seguire le regole della scienza e condurre uno studio in doppio cieco non perché siamo degli scienziati burocrati che vogliono avere in mano un pezzo di carta, ma per valutare seriamente se la vitamina B1 esplica un effetto significativamente superiore al placebo oppure no, in altre parole stabilire se gli effetti osservati sono veramente dovuti alla vitamina oppure al caso. Solo quando un lavoro di quel tipo è stato completato, giudicato da esponenti della comunità scientifica internazionale e pubblicato su una rivista scientifica di buon livello si può affermare che esistono evidenze scientifiche valide a supporto della nuova soluzione terapeutica. Noi siamo aperti alle idee originali e siamo i primi a volere trovare qualche cosa di nuovo. Per la cronaca, in passato abbiamo anche invitato rappresentati di Stamina ad un convegno AIP.

 

Ci sono sostanze che interferiscono con l'assorbimento della vitamina B1 e che pertanto non bisogna assumere?

Dr.ssa Barichella (medico nutrizionista):  la vitamina B1 è idrosolubile per cui un integratore va assunto preferibilmente a digiuno, ma non ci sono particolari sostanze che ne bloccano l'assorbimento. 

Le vitamine si chiamano così perché sono essenziali per la vita. Nel caso della vitamina B1 noi riusciamo a produrre una certa quantità della vitamina, ma è del tutto insufficiente per il nostro fabbisogno. Ecco perché la dobbiamo introdurre con gli alimenti. Detto questo, non ci sono particolari problemi, perché è contenuta sia in alimenti di origine animale, come la carne ed il pesce, che vegetale, come i legumi. È difficile che si instauri una deficienza di vitamina B1 in un soggetto che mangia normalmente, a meno che soffra di una patologia infiammatoria dell'intestino che ne impedisce l'assorbimento. 

 

Prof. Pezzoli, quale è la sua opinione personale sulla vitamina B1?

Prof. Pezzoli:  posso affermare che è molto efficace quando viene somministrato a chi ne ha veramente bisogno. Poco dopo la laurea sono andato a lavorare all'Ospedale San Carlo a Milano. Circa il 50% dei letti era occupato da etilisti con encefalopatia (l'altra metà era occupato da pazienti che avevano avuto un ictus). Ho visto casi molto gravi di delirium tremens da abuso di alcool che aveva indotto una grave carenza di vitamina B1. La somministrazione della vitamina per via endovenosa risolveva il delirio nel giro di 10 minuti. Per quanto riguarda il Parkinson, non lo so, i pazienti parkinsoniani non hanno una carenza di vitamina B1 e attualmente non ci sono evidenze scientifiche valide sull'uso della vitamina.

 

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Un lascito testamentario per un futuro senza Parkinson